giovedì 24 settembre 2009

Appunti Fisica da fotocopie Prof.ssa


Versioni di Latino per 25,09,2009

N.182 Pag.332

Ex nimia licentia, quam stulti solam libertatem putant, necesse est ut ex stirpe quadam exsistere et quasi nasci tyrannum. Nam ut ex nimia potentia principum oritur interitus principum, sic nimis liberum populum libertas ipsa servitute afficit. Sic omnia nimia, cum vel in agris vel in corporibus laetiora fuerunt, in contraria fere convertuntur, maximeque id in rebus publicis evenit, nimiaque illa libertas et populis et privatis in nimiam servitutem cadit. Itaque ex hac maxima libertate tyrannus gignitur et illa iniustissima et durissima servitus. Ex enim populo indomito, deligitur aliquis plerumque dux, contra illos principes audax, impurus, consectans proterve bene de republica meritos, populo gratificans et aliena et sua, et ei dantur imperia et ea continuantur. Quos si boni opprimunt, recreatur civitas; sin audaces et improbi, fit factio perditorum, quae est novus genus tyrannorum.

Sic tamquam pilam rapiunt inter se rei publicae statum tyranni ab regibus,ab iis autem principes aut populus, nec diutius unquam tenetur idem rei publicae modus.(regime).


Dall’eccessiva licenziosità, che gli stolti reputano (essere) la sola libertà, necessariamente – come da una radice – scaturisce e quasi nasce un tiranno. Infatti come dall’eccessiva potenza dei principi deriva la morte dei principi, così la libertà affligge con la stessa schiavitù un popolo eccessivamente licenzioso. Allo stesso modo tutte le cose eccessive, anche quando sono state più benefiche nei campi o nei corpi, , di solito si tramutano nel loro contrario, massimamente ciò avviene nelle cose pubbliche, e quella eccessiva libertà tanto per i popoli quanto per i singoli finisce (lett. cade) in una grave schiavitù.
Da questa massima libertà si genera dunque un tiranno e la più ingiusta e la più dura delle servitù.
Dal popolo indomito è scelto, di solito, un condottiero audace contro i loro re, impuro, che perseguita, protervo, i cittadini che hanno più meritato della patria e largheggia verso il popolo con la ricchezza propria e con la ricchezza altrui e a lui è dato l’impero e da lui deve essere continuato. Se i buoni cittadini riescono ad abbatterli, lo Stato è rigenerato; ma se, invece, ad abbatterli sono individui senza scrupoli e improbi, subentra una fazione di prepotenti, che altro non è che un nuovo genere di tirannia

Così, come una la palla, i tiranni rubano tra di loro il timone della repubblica ai re, e poi a costoro, principi o popolo, né mai più a lungo viene tenuto lo stesso regime della repubblica.


N.190 Pag.335

Quo in discrimine versetur salus mea et bonorum omnium atque unversae rei publicae ex eo scire potes, quod domos nostras et patriam ipsam reliquimus. In eum locum res deducta est ut, nisi qui deus vel casus aliquis subvenerit, salvi esse nequeamus. Equidem, ut veni ad urbem, non destiti omnia et sentire et dicere et facere quae ad concordiam pertinerent; sed mirus invaserat furor non solum improbis, sed etiam iis qui boni habentur, ut pugnare cuperent, me clamante nihil esse bello civili miserius. Itaque cum Caesar amentia quadam raperetur et Ariminum, Pisaurum, Anconam, occupavisset, Urbem reliquimus.

Ego adhuc orae maritimae praesum a Formiis; sed, si erit bellum, video me castris et certis legionibus praefuturum.


A quale pericolo sia soggetta la mia vita, degli uomini buoni e di tutto lo Stato lo puoi capire da quello, poiché abbiamo lasciato le nostre case e la nostra propria. La situazione è giunta al punto che, a meno che un qualche dio o cosa non ci venga in aiuto non potremo salvarci. In quanto a me, da quando giunsi in città, non ho desistito dal pensare, parlare, e fare qualcosa per raggiungere la concordia. Ma una folle smania si è impossessata non solo dei malvagi ma anche di quelli che erano ritenuti buoni, che desiderano combattere, benché annunciassi a gran voce che non ci fosse niente di più misero della guerra civile. E così quando Cesare è stato in parte rapito dalla follia ed ebbe occupato Rimini, Pesaro, Ancona, lasciai Roma.

Finora io tutelo la costa marittima dai Formii; ma, se ci sarà la guerra, credo che sarò nell'accampamento e con sicure legioni.


N.195 Pag.337

Et quoniam officia non eadem disparibus aetatibus tribuuntur aliaque sunt iuvenum, alia seniorum, aliquid etiam de hac distinctione dicendum est. Est igitur adulescentis maiores natu vereri exque iis deligere optimos et probatissimos, quorum consilio atque auctoritate nitatur; ineuntis enim aetatis inscitia senum constituenda et regenda prudentia est. Maxime autem haec aetas a libidinibus arcenda est exercendaque in labore patientiaque et animi et corporis, ut eorum et in bellicis et in civilibus officiis vigeat industria. Atque etiam cum relaxare animos et dare se iucunditati volent, caveant intemperantiam, meminerint verecundiae. Senibus autem labores corporis minuendi, exercitationes animi etiam augendae videntur, danda vero opera, ut et amicos et iuventutem et maxime rem publicam consilio et prudentia quam plurimum adiuvent. Nihil autem magis cavendum est senectuti quam ne languori se desidiaeque dedat.


Ancora. Le diverse età non hanno gli stessi doveri: altri sono i doveri dei giovani, altri quelli dei vecchi. A proposito di questa distinzione conviene perciò dire qualche cosa. E' dovere del giovane rispettare gli anziani, scegliendo tra essi i più specchiati e stimati, per appoggiarsi al loro autorevole consiglio; perché l'inesperienza giovanile ha bisogno di essere sorretta e guidata dalla saggezza dei vecchi. E soprattutto bisogna tener lontani i giovani dai piaceri sensuali, ed esercitarli nel tollerare le fatiche e i travagli dell'animo e del corpo, sì che possano adempiere con vigorosa energia i loro doveri militari e civili. E anche quando vorranno allentare lo spirito e abbandonarsi alla letizia, si guardino dall'intemperanza e si ricordino del pudore. Quanto ai vecchi, essi dovranno diminuire le fatiche del corpo e aumentare gli esercizi della mente; e dovranno impegnarsi ad aiutare con consigli e saggezza quanto più è possibile gli amici, la gioventù e, soprattutto, la patria. D'altra parte, non c'è cosa da cui la vecchiaia debba più rifuggire che dall'abbandonarsi a una torpida inerzia.


N.215 Pag.345

Ego autem quam diu res publica per eos gerebatur, quibus se ipsa commiserat, omnes meas curas cogitationesque in eam conferebam; cum autem dominatu unius omnia tenerentur neque esset usquam consilio aut auctoritati locus, socios denique tuendae rei publicae summos viros amisissem, nec me angoribus dedidi, quibus essem confectus, nisi iis restitissem, nec rursum indignis homine docto voluptatibus. Atque utinam res publica stetisset quo coeperat statu nec in homines non tam commutandarum quam evertendarum rerum cupidos incidisset! Primum enim ut stante re publica facere solebamus in agendo plus quam in scribendo operae poneremus deinde ipsis scriptis non ea quae nunc sed actiones nostras mandaremus ut saepe fecimus. Cum autem res publica in qua omnis mea cura cogitatio opera poni solebat nulla esset omnino illae scilicet litterae conticuerunt forenses et senatoriae. Nihil agere autem cum animus non posset in his studiis ab initio versatus aetatis existimavi honestissime molestias posse deponi si me ad philosophiam retulissem


Io invece per tutto il tempo in cui lo stato era governato per mezzo di coloro ai quali esso stesso si era affidato, rivolgevo ogni preoccupazione e pensiero ad esso; poiché invece tutto è governato dal dominio di uno solo, e non c'è in alcun luogo posto per consiglio o volontà, poiché avevo perso infine eccellenti uomini compagni nel difendere lo stato, non mi sono né abbandonato alle angosce, dalle quali sarei stato schiacciato, se non avessi fatto resistenza ad esse, né d'altra parte ai piaceri indegni per un uomo dotto. Ah se fosse rimasta in piedi la repubblica nello stato in cui aveva incominciato ad essere e non si fosse imbattuta in uomini desiderosi non tanto di mutare la situazione quanto di sovvertìrla. In primo luogo mì sarei dedicato più all'azione - come solevo fare quando vigeva ancora la repubblica - che non allo scrivere e poi avrei affidato agli scritti stessi non queste osservazioni ma le nostre azioni - come spesso ha fatto. Ma quando finì di esistere lo Stato nel quale solevo riporre ogni mia cura pensiero e attività tacque anche quella mia forense e senatoria. Ma poiché il mio spirito non poteva rímanere inattivo ho ritenuto poìché sono stato versato in questi studi sia dalla fanciullezza che avrei potuto alleviare nel modo più onorevole il mio affanno se mi fossi rivolto alla filosofia.

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